Stasera vogliamo parlarvi del film “La parola ai giurati” (in inglese “12 angry men”), capolavoro d’esordio del regista S. Lumet, che uscì nelle sale cinematografiche il 13 aprile 1957. La trama è molto semplice: ci sono 12 uomini, giurati, che devono decidere le sorti di un ragazzo accusato di parricidio. Il ragazzo appartiene ad una minoranza etnica, quindi, senza pensarci molto, 11 dei giurati lo vogliono mandare a morte. Ma il giurato numero otto chiama in causa il ragionevole dubbio: infatti, mentre gli altri si lasciano convincere dai pregiudizi, quest'unico giurato si interessa veramente delle sorti del ragazzo. Alla fine, dopo un acceso dibattito, il ragazzo verrà giudicato innocente.
Nel corso della discussione, il giurato numero 10 fa un discorso dai toni razzisti e spaventati:
"Quella gente mente istintivamente! Insomma, non dovrei neanche dirvelo... non sanno cos'è la verità. E credete a me, non hanno neanche bisogno di un vero movente per uccidere. Nossignore: si ubriacano! Sono degli ubriaconi! Tutti quanti! E lo sapete! E bang! Qualcuno è a terra accoltellato. Nessuno vuole criticarli, in fondo sono fatti così per natura, non so se mi spiego... sono bestie!".
Questo discorso richiama quelli che spesso si sentono tv o la radio pronunciati da politici o personaggi di rilievo, che per ignoranza si lasciano spaventare dallo “straniero”.
Nel film, non solo viene rappresentata la mentalità della classe media americana degli anni Cinquanta, ma la riflessione portata avanti da Lumet è del tutto attuale: il regista vuole richiamare all’uso della ragione, che domina sui pregiudizi, che va oltre l’apparenza e guarda la realtà in modo critico.
Il giurato numero otto si oppone con l’etica all’odio gratuito e alla rabbia.
Vogliamo lasciarvi con una frase, pronunciata dal giurato numero otto, che rimanda direttamente agli articoli 10 e 11 dei Diritti umani:
“Stiamo forse cercando di lasciar libero un colpevole, non so... nessuno può saperlo. C'è in noi un ragionevole dubbio, e ciò è d'importanza capitale nel nostro sistema: nessuna giuria può condannare un uomo se non è più che certa.”