Oggi si parla di film che celebrano la libertà, di espressione, di parola e, più in generale, la libertà nel suo significato più intrinseco. Quello della libertà è sempre un tema toccante e maggiormente quando questo riguarda i "piccoli umani"; quando riguarda la mancanza di libertà - e con essa di possibilità - dei bambini, il tema si fa caldo.
Ho scelto di rappresentare il diritto e DOVERE dei bambini alla libertà con una pellicola cinematografica che non lascia indifferenti, una di quelle che arriva al cuore, ti tocca nel profondo e ti trasforma. È il caso de "Il bambino col pigiama a righe" (The boy in the striped Pyjamas), film del 2008 diretto da M. Herman.
Con efferata crudeltà e chiarezza, Herman ci trasporta all'interno di uno dei periodi più bui della storia mondiale, nel pieno degli anni che vede come protagonista la seconda Guerra Mondiale, e con lei violenze, ritorsioni e crudeltà.
Bruno, figlio di un ufficiale nazista, è costretto a trasferirsi con la famiglia in una casa di campagna, in seguito all'aumento di grado del padre, il quale era stato promosso a sergente all'interno di un campo di concentramento.
Passando le giornate tra lo studio delle discipline e severi adulti che poca attenzione gli dedicavano, si spinge, quasi casualmente, oltre la sua abitazione e col fare curioso e pieno di interesse di una persona che poco ha visto del mondo, arriva fino al confine di un campo di concentramento, recintato con del filo spinato. È in una di queste occasioni che conosce Shmuel, coetaneo ebreo che, proprio come lui, si era ritrovato costretto ad abbandonare affetti e a ridimensionare la sua quotidianità di bambino.
I due stringono un legame, dettato dalla curiosità di uno per la condizione dell'altro, nessuno dei due comprende in fondo cosa sta succedendo - cosa potrebbe succedere da un momento all'altro. E come potrebbero? Sono bambini, nessuno ha spiegato il significato della guerra, delle persecuzioni, nessuno ha mai mostrato loro di che azioni infime possa essere capace l'essere umano, nessuno ha spiegato loro cosa succede al di là del filo spinato, che non dovrebbero parlare, nessuno ha spiegato loro che uno è un servo, l'altro un padrone.
Sono solo due bambini coetanei, diversi, incuriositi, con interessi comuni e non, pronti a condividerli.
Due bambini, ognuno invidioso della condizione dell'altro, ognuno vede la libertà nell'altro, ma entrambi non capiscono cosa significhi realmente quel filo spinato che li separa.
Quel filo spinato che per Bruno indica la salvezza, per Shmuel la morte.